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Caro
Vitaliano, non c'è una battaglia condotta da te che noi
non condividiamo nei suoi contenuti. Siamo in un mondo di
ingiustizie e ti può dar torto solo chi si chiude nel suo egoistico
benestare, unito ad una forte dose di perbenismo. Ma
chi sei tu, Vitaliano? La
domanda è inutile, perché hai raggiunto quella visibilità che altri
ottiene, quando l'ottiene, facendosi largo a spallate. La tua, invece
sale in maniera esponenziale. Anzi è destinata a crescere molto perché,
nella scala gerarchica ecclesiale in cui sei inserito, più scendi più
acquisti notorietà. Almeno fino a quando non finiscano gli scalini e
non ti ritrovi a piano-terra: FUORI. Allora ti riuscirebbe più
difficile diventare "famoso". Infatti quel che affascina i
più è il contrasto tra l'etichetta di prete che porti addosso e
quella di capo-popolo, quale sei diventato. Quel
che a noi sembra puerile, sia nella gente (quella che conta e quella
che non conta), è l'esaltazione di ciò che fai, proprio perché lo
fai da prete. La chiesa ti condanna perché offenderesti la tua
sacralità in nome di valori laici, propri di un cittadino. L'opinione
pubblica invece accetta di buon grado il tuo essere prete e nel
medesimo tempo "sobillatore" politico. Ai nostri tempi c'è
una ricerca morbosa del sensazionale e nulla è più godibile della
mistura fra sacro e profano. Il piatto che tu offri è davvero gustoso
per molti palati. Noi
ti incitiamo a riflettere. Tu sei troppo sicuro di avere imboccato la
via giusta e forse ti compiaci (maligniamo!) di apparire un
perseguitato. Invece il trasgressore
profetico, quale ti vorremmo, ha toni piuttosto dimessi e
delimita la disubbidienza compensandola, per così dire, con una
modestia e una pazienza da non ostentare, maturate nell'interiore
disagio e nell'umiltà che non si piega, ma che
rimane la virtù dei forti, se non è ipocrita e avvilente. Noi
ci definiamo contro
il silenzio. Siamo contro un silenzio pauroso e pusillanime:
ci facciamo sentire con le armi della schiettezza, ma anche ci
misuriamo con strategie meditate e studiate; soprattutto lontane dalla
vanteria, che consideriamo inopportuna per una resistenza
che si prolunghi nel tempo e che sia efficace. Scusa
la nostra franchezza. Almeno una cosa di buono la facciamo con questa
lettera aperta: ci dissociamo sia dal coro di chi applaude sia
dall'altro che si trincera contro quelle che giudica tue
"bravate". La causa per cui combatti è giusta, e non fa
bene chi vuole spegnere il tuo entusiasmo. Noi vogliamo che questo
resti, facendo da lievito per fermentare la massa… E non è poco augurarti
questo.
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