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Nigeria, scontro di fondamentalismi
Che cosa sappiamo, noi occidentali, della Nigeria? Nulla. Sulle nostre strade di provincia o di periferia sostano in fila ordinate le "nigeriane" - ma sono quasi soltanto parte del paesaggio urbano globalizzato, nulla di più. Ogni tanto, da quella lontana ex-colonia britannica dell'Africa occidentale, filtrano notizie che eccitano la nostra attenzione: in genere, parlano di violenze, conflitti tribali, fame. O di petrolio, a fiumi. O di donne "adultere" - come Amina - condannate alla lapidazione. O di "scontri di civiltà", come quello in corso nella città di Kaduna, con le sue centinaia di morti ammazzati e feriti, incendi, devastazioni, coprifuoco. Una sollevazione furiosa, una rivolta di massa che ai più apparirà, per l'ennesima volta, incomprensibile: si può mettere a ferro e a fuoco un Paese per il concorso di miss Mondo? Si può morire in una protesta così intrinsecamente carica di intolleranza? Si può odiare l'Occidente fino a questo punto? Si può. Ed è perfino "logico", certo perfettamente comprensibile. Vorrei sommessamente dire che questa volta, nessuno se la può cavare buttando la croce sul fondamentalismo islamico: c'è almeno un altro fondamentalismo altrettanto cieco, altrettanto barbaro, quello che fa Mercato di tutto, a cominciare dal corpo delle donne. Questa volta, l'Occidente non ha attenuanti: si deve solo vergognare di se stesso, e della sua "civiltà" Donne e libertà Notoriamente, i concorsi di bellezza sono solo Fiere - non solo "della vanità", ma di carne umana, più o meno in (non libera) compravendita. Manifestazioni insensate - quasi come i test d'intelligenza, o i quiz televisivi - con la loro pretesa di misurare le persone o di imporre paradigmi "oggettivi", in questo caso estetici. Avanspettacoli, oltre tutto tristi e noiosi, che, da noi, parlano di anni '50, dell'Italia democristiana e bacchettona, delle illusioni legate al cinema e al divismo rimascenti. Ma perché continuare a farli? E perché, soprattutto, farli in un Paese africano dove agli occhi (e alla sensibilità) di una parte ampia della popolazione suonano come un'indecente bestemmia? "Miss Mondo" nella Nigeria islamica è come uno strip-tease integrale in piazza San Pietro. Come la proiezione di un film di Tinto Brass in un convento di suore. Come la recita del "Processo di Sculacciabuche" nel mezzo di una Messa di Natale. E' un atto autentico di provocazione, ispirato da una assoluta mancanza di rispetto per gli altri, aggravata dall'arroganza della kermesse, del denaro e del business, e di una "modernizzazione" intesa come crescita devastante di chissà quale industria turistica. Che dire, poi, dell'articolo che il quotidiano nigeriano (e filoamericano) This Day ha dedicato alla vicenda, scrivendo che il Profeta avrebbe in fondo passato volentieri una notte con una (o con tutte) le partecipanti al concorso? Oltre al danno, la beffa dell'irrisione. Ora, naturalmente, qualcuno dirà che, nella moderna libertà delle
donne, c'è anche quella di spogliarsi, prostituirsi, mostrare il
proprio corpo e i centimetri della propria circonferenza nei concorsi
di bellezza. Qualcuno ha già detto che, l'anno scorso, è stata una
"grande conquista" l'elezione, per la prima volta nella
storia, di "Miss Africa" - una nigeriana. Ma se la nozione
di "libertà" civile di cui l'Occidente cristiano è
portatore si deve ridurre a questa miseria, ci sentiamo
improvvisamente vicini a quel partigiano spagnolo di un grande film di
Bunuel, che muore combattendo contro Napoleone gridando "Abbasso
la libertà! ". E l'immagine del mondo attuale che questa vicenda
ci rinvia non è quella di Samuel Huntington: non è uno scontro di
civiltà, quello che che si va combattendo, ma il suo esatto
contrario. Due barbarie opposte e simmetriche: l'una ha il suo simbolo
concreto in Amina, condannata a morte per aver tentato di percorrere
la sua strada di emancipazione, l'altra in uno spettacolo
parapornografico che produce sangue e morti In questo Paese così ridotto dalle politiche neoliberiste, dove si
parlano una lingua ufficiale (l'inglese) e circa duecento dialetti
reali, dove ci sono trenta Stati "etnici", decine e decine
di culture, e due religioni prevalenti (l'islamismo e il
cristianesimo), l'Occidente ha dato di sé alcune delle sue prove più
nefande. E' così difficile capire perché ce l'hanno tanto con noi? Tratto da "Liberazione" 23 novembre 2002
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