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 Parliamo del fondamentalismo dell'uomo occidentale


Beppe Pavan

Ho seguito con orrore la “strage per miss mondo” in Nigeria. Dai servizi televisivi ai reportage di alcuni quotidiani, i commenti si sono spesso limitati a sottolineare la “provocazione” di un concorso di bellezza femminile in un’area del mondo a prevalenza mussulmana.

Vorrei accennare brevemente ad un altro “argomento”, su cui si sofferma soltanto qualche donna, perché è ormai assolutamente pacifico che questi concorsi facciano parte della nostra cultura e della nostra superiore civiltà. Non voglio metterla sul piano del moralismo: anche a me piacciono le donne e amo moltissimo la relazione con loro e godo per tutte le emozioni che mi regalano.

Ma il “corpo femminile” come oggetto per il “godimento maschile” mi sembra essere un’altra cosa. Il mercato capitalista se n’è appropriato e il corpo femminile, intero o a quarti, è diventato merce, più o meno preziosa, più o meno ben pagata. Ma ormai ci muoviamo in questo campo: quello del “fondamentalismo della merce e del mercato” dell’occidente. Le ragazze che sognano vite favolose o semplicemente desiderano partecipare a uno dei tanti “carnevali della bellezza” non hanno che da iscriversi: gli uomini pagano per divertirsi (guardando, eccitandosi) o per guadagnarci su (scegliendo attrici, soubrettes, veline, modelle, ecc.).

Ecco, di questo vorrei parlare: sembra che siamo molto preoccupati per le donne islamiche, prigioniere del burqa e dello chador, e ci sembra decisivo e incontrovertibile contrapporre ad esse la “libertà” delle donne occidentali. Lascio proseguire Ida Domijanni: “E’ lo stesso schema di gioco che voleva la liberazione dal burqa delle afghane tramite bombe, solo che stavolta è più esplicito: allora non si osava dire quello che adesso si vede e, cioè, che al velo delle islamiche l’immaginario maschile democratico non contrapponeva la libertà bensì la nudità delle occidentali, cioè la loro (presunta) disponibilità sessuale” (da  “Sotto il velo del nudo”, Il Manifesto 26/11/02).

Insomma, è sempre la stessa legge del patriarcato: là gli uomini impongono il velo, qua gli uomini impongono la nudità. La libertà è altrove.

 

Tratto da “Foglio di Comunità”, dicembre


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