Tento di rispondere a questo articolo di Sartori. Le mie
inserzioni nel suo testo sono segnate da +..+
Chi vuole la guerra è un demente che vuole una cosa orribile.
E dopo gli spaventosi bagni di sangue delle ultime guerre
mondiali, in Europa la guerra non la vuole più nessuno.
+ Pare che Blair, Berlusconi e Aznar, che sono in Europa, vogliano
ciò che vuole Bush, cioè, oggi, la guerra. +
Pertanto chi oggi distingue tra pacifisti e guerrafondai disegna
una distinzione fuorviante. La distinzione che ci divide è tra
pacifisti incoscienti - che dirò «cieco-pacisti» - e pacifisti
pensanti.
+ In un certo senso, Sartori ha ragione: non basta -anche se è
sacrosantamente giusto! - rifiutare la guerra se non si conoscono
e non si propongono alternative ad essa per la soluzione dei
conflitti. La cultura di pace seria - esiste eccome! - non è
soltanto rifiuto della guerra, ma costruzione di alternative.
Soluzioni di pace a conflitti acuti ci sono anche nella storia,
non poche (posso documentare). Il fatto è che la cultura
dominante (in politica, economia, storia, ..) è cultura di
guerra. Le fondamenta del pensiero occidentale (più che degli
altri) sono una filosofia armata, gerarchica, aggressiva.
Smascherano questo carattere Panikkar, J-M. Muller, Capitini,
Gandhi, Galtung, Levinas, Girard, Roberto Mancini, e prima Erasmo
e gli umanisti religiosi, ed ho citato a caso. Dite che non sono i
più famosi? Infatti, come volevasi dimostrare! +
Il cieco-pacista non sente ragioni, è tutto cuore e niente
cervello. Il guru pacifista del momento, Gino Strada, scrive così:
«Può darsi che il movimento per la pace non sia in grado di far
cadere un dittatore, ma una cosa è assolutamente certa, che...
non ne ha mai creati né aiutati a imporsi».
+ Gino Strada ha torto: il movimento per la pace occidentale anni
'80, insieme al dissenso interno all'Est, ha contribuito in modo
decisivo a far cadere i regimi autoritari o dittatoriali del
blocco sovietico nel 1989 (G. Salio, "Il potere della
nonviolenza", ed. Gruppo Abele, 1995, cap. 1) +
Purtroppo no. Purtroppo Strada è assolutamente certo di cose
assolutamente false. I pacifisti degli anni '30 hanno aiutato
Hitler a imporsi, .
+ Tante cose diverse vanno sotto il nome di pacifismo. Potrei
rinviare a qualche pagina del mio "Per perdere la
guerra" (Beppe Grande ed., Torino 1999, cap. 17,
"Pacifismo? No, grazie!"): c'è anche un pacifismo vile,
quello dei governi democratici che ottennero (per breve tempo) da
Hitler una falsa pace a spese della Cecoslovacchia. Ma chiamare
pacifismo quello non è molto corretto. Poi ci sono pacifismi
veri, direi meglio culture e politiche libere dalla violenza come
mezzo d'azione. +
così come i pacifisti della guerra fredda - gridando better
red than dead , meglio rossi che morti - invitavano l'Unione
Sovietica a invadere una Europa che non si sarebbe difesa.
+ Meglio morti che comunisti, o meglio comunisti che morti? Meglio
morti liberi che vivi asserviti? È una questione assai grossa,
che non si può liquidare con una battuta, e fu discussa con molta
serietà da persone seriamente pensose. Chi sceglieva la morte
sceglieva di fatto la morte altrui, bella forza! Chi preferiva
vivere - cioè allontanare la guerra nucleare, non aggiungere
missile a missile - per poter lottare per pace, giustizia, libertà,
non invitava affatto l'Urss ad invadere l'Europa, non voleva la
non-difesa dell'Europa. Per dire questo bisogna ignorare tutto del
movimento per la pace degli anni precedenti l'89.+
Il Paternostro recita: «Non indurci in tentazione». Lo recitano
ancora, il Paternostro, i nostri pacifisti chiesastici? E se lo
recitano, perché non si chiedono se il loro pacifismo assoluto -
che è in sostanza un pacifismo di resa - .
+ Ecco il punto. (A parte che si dice Padre Nostro in italiano,
oppure Pater Noster in latino, ma qui non ha importanza). Un uomo
colto come Sartori è ignorante sulla cultura di pace, perché
evidentemente non se ne è mai occupato. Gli siamo tutti
enormemente grati perché è un grande smascheratore
dell'ingannatore nazionale Berlusconi, ma su questo punto della
pace lo preghiamo di informarsi. Qui parla esattamente come quegli
alti ufficiali della Scuola d'Applicazione d'Arma di Torino, che
mi dissero: "Voi nonviolenti volete la non-difesa". Mi
scusi, prof. Sartori, per questo paragone che non è un
complimento nei Suoi riguardi. Il fatto è che la cultura politica
corrente ha un modello di difesa handicappato, ridotto al solo
militare, ignaro (volutamente, io credo) delle possibilità che
ogni società ha di difendere i propri diritti senza consegnarsi
al potere militare. +
non induca in tentazione i malintenzionati non ancora convertiti
in agnelli? Quanto ai nostri cieco-pacisti laici, a loro ricordo
il detto che è l'occasione che fa l'uomo ladro. Non ci credono?
Provino a lasciare spalancate le porte delle loro case. Saranno
svaligiate anche e proprio da ladri creati dall'occasione.
+ Il paragone non vale. Dai ladri ci si difende con le serrature
e, se occorre, con la polizia. Se ai ladri si fa la guerra si è
assassini, che è peggio che ladri. C'è una distinzione
importante, di sostanza e non di parole, mai richiamata: quella
fra polizia e guerra. La polizia, quando sta nella legge (non come
a Genova!), riduce la violenza, pur usando la coazione necessaria.
La guerra aumenta sempre la violenza, perché è una gara tra
violenti, ed è decisa solo dalla violenza maggiore. Una polizia
internazionale sarebbe certo necessaria, ed è prevista dalla
Carta dell'Onu. La quale bandisce la guerra nelle prime parole del
Preambolo. Ma le potenze - oggi gli Usa di Bush (perché c'è
un'altra grande America statunitense contrarissima a Bush!) -
preferiscono esercitare in proprio il barbaro diritto di guerra,
boicottando il nuovo diritto internazionale di pace nato nel 1945,
la più alta forma di organizzazione civile mondiale che l'umanità
si sia mai data. Oppure, le potenze si fanno
"autorizzare" dall' Onu a fare la guerra, ma l'Onu non
può far questo senza negarsi. E distruggere l'Onu è ciò che la
politica di potenza vuole. +
Fortuna vuole che ai pacifisti incoscienti si contrappongano i
pacifisti pensanti che rifiutano la guerra offensiva ma approvano
la guerra difensiva, che distinguono tra guerra ingiusta e guerra
giusta e che fanno sapere che si difenderanno se attaccati. Il
mondo libero deve la sua libertà a questo pacifista con la testa
sul collo.
+ Certo, i pacifisti pensanti ci sono, e sarebbero di più, se
studiosi, professori, giornalisti facessero conoscere al popolo
questa cultura (e anzitutto la conoscessero). I pacifisti pensanti
non chiamano mai giusta una guerra, perché tra guerra e giustizia
non c'è alcun rapporto possibile. «La guerra è l'antitesi del
diritto», Bobbio. Avrebbe più probabilità di giustizia il
tirare a sorte la vittoria: almeno il 50% contro lo zero % delle
armi. Dalla guerra esce vincente solo la maggiore violenza, che
per puro caso può essere dalla parte di chi aveva anche la
maggiore ragione. «La guerra fa più malvagi di quanti ne toglie
di mezzo», Kant. Sia la Carta dell 'Onu (art. 51) che la nostra
Costituzione (art. 52) ammettono la guerra difensiva, ma la Carta
obbliga tutti i suoi membri (anche gli Usa, anche l' Italia),
appena esercitato il diritto immediato di autodifesa da un'
aggressione diretta, e non ai propri lontani interessi (come vuole
il Nuovo Modello di Difesa, dettato dagli Usa, incostituzionale in
radice), a deferire immediatamente la questione al Consiglio di
sicurezza, supremo competente, con potere di polizia (di cui gli
devono essere conferiti i mezzi, che gli stati non gli
conferiscono). Qui c'è il superamento della sovranità assoluta
degli stati, fattore generatore di guerra, perché sovranità (superiorem
non recognoscens) significa insubordinazione alla legge del bene
dell'umanità intera. Purtroppo l'Onu, istituzione di pace, è
ancora inficiata dal diritto di guerra (privilegio dei vincitori
del '45). Ma dunque riformiamola in senso coerente, giusto e
democratico. Invece le potenze, oggi l'unica super-pre-potenza,
vogliono o usarla o distruggerla.+
Ma anche lui [il pacifista pensante] si trova a disagio al
cospetto della nuova idea della guerra preventiva.
+ Eccome, se si trova a disagio! Molto di più: chi pensa
seriamente la pace, vede che la guerra preventiva è l'esatto
opposto della guerra di difesa, temporaneamente giustificabile
(come abbiamo visto). Essa è la guerra di offesa, di aggressione,
che nulla giustifica. Ciò diventa tanto più chiaro se vediamo -
e lo vediamo sempre meglio - che le vere ragioni di questa guerra
di Bush sono strategiche (prossima tensione con la Cina) ed
energetiche (prossimo rarefarsi del petrolio) nel centro-Asia , e
le armi di Saddam sono un pretesto grossolano: un sacco di stati
le hanno, illegalmente e minacciosamente; gli stessi Usa hanno e
producono armi chimiche e batteriologiche, chi non lo sa? +
Mi si dirà che la guerra preventiva è sempre esistita. Sì; ma
no. No nel senso che oggi la dottrina della guerra preventiva si
fonda su una nuova ragion d'essere che si inserisce in un nuovo
contesto: il contesto di quella guerra che Umberto Eco ha
battezzato «guerra diffusa». Nelle guerre del passato esistevano
due (o più) nemici ben riconoscibili i cui eserciti si
fronteggiavano lungo una frontiera che era il limite da superare.
Queste guerre erano dunque caratterizzate da una frontalità
territoriale. Nella nuova guerra l'attaccante è un terrorismo
globale ispirato da un fanatismo religioso - e quindi senza
precisa patria - che non si lascia localizzare, che è
dappertutto, e che opera nascondendosi. In questa guerra diffusa,
latente, ma per ciò stesso sempre pronta a colpire, l'attaccato
non sa più chi contrattaccare. O meglio: può solo attaccare le
infrastrutture dove vengono prodotte le armi dei terroristi e gli
Stati che li «supportano».
+ Il terrorismo diffuso non giustifica una guerra diffusa,
infinita nel tempo e nello spazio. Questa risposta è criminale
(accresce il male, il dolore, l'ingiustizia) e stolta: non toglie
le cause del terrorismo, ma lo alimenta. Guerra preventiva chiama
terrorismo preventivo: una catena maledetta, una maledetta
imitazione reciproca. Il modello in piccolo lo vediamo tra Israele
e Palestina: fallimento di ogni sicurezza e di ogni diritto,
crescita di sangue e follia! La vera lotta al terrorismo sarebbe
togliergli cause e pretesti, che sono abbondanti; allearsi coi
popoli tentati per disperazione di confidare in esso; lavorare
nella direzione della giustizia mondiale economica, ecologica,
giuridica, informativa, nel fecondarsi reciprocamente delle
culture umane, che hanno tutte, pur coi limiti ed errori di tutte,
valori di vita e di saggezza, di bene e di pace. In verità, è
pericoloso essere potenti, e potenti solitari, senza argine; il
potente è pericoloso a sé e agli altri; la potenza toglie la
ragione, è una ossessione; la salvezza sta nell'equi-valenza, cioè
uguaglianza di valore tra persone e popoli, perciò tensione a
realizzare uguaglianza di diritti, di condizioni decenti e degne
di vita. Ma si fa il contrario di questo, e ciò è causa di
terrore e follia, non da una sola parte. +
L'altro aspetto del problema è che la guerra terroristica dispone
di nuove armi chimiche e batteriologiche. Qui la novità è
tecnologica. E il fatto è che oggi disponiamo di una tecnologia
facilmente nascondibile il cui potenziale distruttivo è
terrificante. Prima c'era il cannone e c'era la corazza. Oggi la
corazza non c'è quasi più, e il cannone è diventato gigantesco.
Una sola persona può avvelenare l'acqua potabile di un milione di
persone. Il cieco-pacista non lo vede, ma il problema è
questo.
+ Quel tipo di armi è diffuso, è anche nelle mani di chi oggi si
ammanta da purificatore, e ieri le ha fornite ai
"delinquenti" di cui si serviva, che oggi condanna a
morte. Infatti gli importa altro, non liberare il mondo dalla
fabbrica della morte di massa. Chi ha immesso nel mondo l'arma
atomica, usandola il 6 e 9 agosto '45 senza neppure - ormai è
provato - la pretesa necessità bellica? Chi ha gettato il mondo
umano nel pericolo della morte totale? Così si è avviata la
proliferazione nucleare e il ricatto atomico sull'umanità. Gli
imitatori sono da condannare, ma gli iniziatori e alimentatori non
hanno titolo per farlo (e intanto rifiutano la Corte Penale
Internazionale). +
Si sarà notato che non ho mai menzionato l'Iraq. Difatti qui
interessa capire quale sia la ragion d'essere di una guerra
preventiva. Se questo nuovo diritto di guerra si applichi o no (e
con quali procedure) ai vari casi concreti, e oggi al caso di
Saddam Hussein, è una questione a parte. Una cosa alla volta. E
questa volta il punto è che, a fronte della altissima
vulnerabilità e facile «uccidibilità» delle società
industriali avanzate, il pacifista di oggi è ancor più cieco e
malconsigliante di quello del passato.
+ Giusto. Sull'Iraq è da vedere. Allora Bush lasci vedere ad
ispettori imparziali e non pretenda di giudicare in anticipo, per
fare comunque la guerra che, nei suoi stolti e micidiali calcoli,
ha già deciso di fare. In conclusione, davvero stupisce che anche
il prof. Sartori pensi così subordinatamente al dogma ufficiale
Usa. Le società industriali avanzate hanno diritto ad essere
protette dalla loro facile "uccidibilità", ma un
diritto assolutamente non superiore al diritto alla vita di
qualunque altra persona umana o popolo che la guerra ucciderebbe,
e sta già uccidendo. Bush e la sua potenza non valgono nulla di
più dell'ultimo moccioso dell'ultimo villaggio del mondo. Se non
concordiamo su questo, prof. Sartori, che cosa vale il nostro
accordo contro l'imbroglio di Berlusconi? +
Tratto da Peacelink, 18 ottobre 2002