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La
falsa pace del signor Né - Né
Francesco
Merlo
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- Il migliore è stato Armando Cossutta, ma già prima di lui
Gino Strada, e Bertinotti e Rosy Bindi e Asor Rosa e adesso
anche la Cgil con la manifestazione nazionale a Roma il 15
febbraio. Tutti a denunciare l’equivalenza di Bush e Saddam,
l’orrore del terrorismo e l’orrore dell’Impero, e dunque
a proclamare la propria neutralità per motivi etici, contro
la guerra e contro il tiranno Saddam, contro i due tiranni
Bush e Saddam. Solo il vecchio Cossutta, però, che ha grandi
capacità di sintesi, e che è volato a Bagdad per offrire «la
solidarietà del popolo italiano al popolo iracheno», solo
Cossutta, dicevamo, ha bene riassunto la posizione di tutti
loro: «Né con Saddam né con la guerra». Torna dunque la
figura antica del signor Né-Né, politico spregiudicato o
intellettuale organico, buono per tutte le occasioni: né con
lo Stato né con le Br; né un soldo né un uomo; né con la
Resistenza né con il fascismo; né con Hitler né con gli
ebrei; né carne né pesce; né con Saddam né con la guerra.
Torna il signor Né-Né e subito si mette a speculare sui
nostri buoni sentimenti, sul nostro bisogno, tutto
occidentale, di limitare il più possibile le guerre. E’
vero infatti che noi occidentali sappiamo che il pacifismo
assoluto è un’utopia infantile, perché la storia delle
relazioni internazionali è fatta di guerre, e le paci vanno
difese con le armi perché rappresentano la guerra in riposo,
lava rappresa di un vulcano che ha smesso di vomitare. Ma è
pure vero che solo noi occidentali sappiamo quanto le guerre
sono distruttive e quanto l’umanità ne esce, ogni volta,
abbrutita e depravata, anche quando le ragioni del vincitore
sono le buone ragioni. Ebbene, è in questo nostro tormento
che si rifugia il signor Né-Né, e subito nidifica
nell’idea che abbiamo dell’Iraq Mesopotamia, culla della
civiltà, terra di archeologia, ma anche di petrolio, e di
popoli: gli iracheni, e i curdi, e i loro bambini innocenti.
Attenzione, però: il signor Né-Né non è un pacifista, è
piuttosto una scoria del pacifismo, è la serpe che fa la sua
tana nel pacifismo più ingenuo, lupo tra le colombe, volpe
nel pollaio che, purtroppo, come insegna la storia, solo «dopo»
viene smascherato e dileggiato. Soltanto a cose fatte si capì
che il signor Né-Né aveva ritardato l’intervento delle
potenze europee contro Hitler, e fu ancora il signor Né- Né
a frenare quello sdegno collettivo che solo alla fine fermò
la ferocia brigatista.
Noi, per esempio, che non sappiamo ancora quanto la guerra sia
la cosa giusta, siamo i più esposti alle insidie del signor Né-Né.
Certo, noi non pensiamo, come lui, che la guerra sia lo sbocco
naturale del capitalismo, l’uscita keynesiana di
un’economia in crisi, e però anche noi ci domandiamo quanto
influisca il petrolio su un presidente petroliere. Ebbene, il
signor Né-Né è già su di noi, pronto ad approfittarne, a
indurci in tentazione. Il signor Né- Né non pensa infatti,
come alcuni di noi, che un dittatore feroce e terrorista sia
comunque meno pericoloso di una guerra, sia cioè il male
minore. Ma non pensa neppure, come altri di noi, che una
guerra sia purtroppo necessaria per fermare le follie
imperiali di un dittatore. Il signor Né-Né non ha i nostri
tormenti, non è straziato dai nostri dubbi e solletica la
nostra parte più insulsa, il «me ne frego» irresponsabile,
il qualunquismo. E’ come se davanti a una malattia, a una
piaga, si potesse non scegliere: né il chirurgo né il
clinico, ma appunto la malattia.
Liberiamoci, dunque, del signor Né-Né. Per una volta,
smascheriamolo «prima». Quello slogan, «né con Saddam né
con la guerra», è solo il modo peggiore, il più ipocrita di
stare con Saddam, perché è starci fingendo di non starci. Si
può dolorosamente preferire Saddam alla guerra o al contrario
mestamente rassegnarsi alla guerra piuttosto che a Saddam, ma
sempre consapevolmente, senza più permettere al signor Né-Né
di accucciarsi nella parte più addormentata di noi, nel
torpore dell’intelligenza, nell’anestesia morale.
Tratto da "Il Corriere della Sera" 3 febbraio 2003
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