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Né
un soldo né un uomo
Gino
Strada
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- La mattina presto abbiamo l'abitudine, qui nell'ospedale di
Emergency a Kabul, di dare una occhiata ai titoli dei
quotidiani su Internet. Dalla prima riga dell'editoriale del Corriere
del 2 febbraio vengo a sapere di essere un Signor Né-Né,
neologismo coniato dal Signor Francesco Merlo nel commentare
la dichiarazione di Armando Cossutta di non essere «né con
Saddam né con la guerra».
Così, additato come Signor Né-Né, ho cercato di capire
meglio chi sono e come la penso leggendo il resto
dell'articolo. Dopo poche righe ho scoperto - e mi ha sorpreso
- di essere una «scoria del pacifismo», una «serpe», anzi
un «lupo», di più, una astuta «volpe». Mancavano il
dobermann, il grizzly e lo squalo bianco, ma mi sono
preoccupato lo stesso, specie dopo aver saputo, qualche riga
più sotto, di essere uno che «solletica il "me ne
frego" irresponsabile, il qualunquismo». Perbacco, mi
sono detto, o qualcosa di simile. Se ha ragione il Signor
Merlo sono davvero in una brutta situazione. Così ho deciso
di verificare se la penso davvero come il Signor Né-Né.
«Né con lo Stato né con le Br»: no, qui il signor Merlo si
sbaglia. Da sempre odio il terrorismo, sono stato contro le Br
e per lo Stato. Lo sarei ancora oggi, in un momento in cui mi
sembra che lo Stato italiano e le sue istituzioni siano
orientati in direzioni che non apprezzo. Rincuorato dal non
essere almeno quel tipo di Signor Né-Né, ho continuato la
lettura.
«Né con la Resistenza né col fascismo»: anche qui - ma
come è possibile? - il Signor Merlo si sbaglia. Io sono
sempre stato antifascista e ho un grande rispetto, e anche una
grande passione, per lo spirito della Resistenza che ha
portato, tra l'altro, ad elaborare la Costituzione del mio
Paese. E sono talmente attaccato a quei valori e alla
Costituzione, che mi ha indignato il vedere che vari governi
italiani - di centrosinistra e di centrodestra - hanno in
passato deciso di portare il mio Paese in guerra votando
contro la nostra Costituzione, che sento anche mia.
«Né con Hitler né con gli ebrei»: come va giù pesante,
Signor Merlo. Io sono nato dopo la Seconda guerra mondiale,
non ho ricordi diretti ma ho ascoltato storie, letto libri,
visitato luoghi. Mi è capitato di piangere sui luoghi
dell'Olocausto - tra le tragedie più grandi nella storia
dell'uomo - come mi è successo anni dopo visitando Ground
Zero, e in altri luoghi a Lei sconosciuti. Non sono mai stato
dalla parte di Hitler - in questo concordo - ma sto, per
motivi che le sarebbero incomprensibili, dalla parte delle
vittime. Dalla parte degli ebrei e di tutti gli altri
massacrati con loro dalla follia nazista. Per le stesse
ragioni sto dalla parte delle vittime del terrorismo. E della
guerra, Signor Merlo, che è la più diffusa forma moderna di
terrorismo.
E' scandalizzato, Signor Merlo, da questa affermazione? Provi
lei a trovare parola più adatta che «terrorismo» per
descrivere una «attività umana» - quale è la guerra - che
uccide e mutila e ferisce e annichilisce esseri umani, il
novanta per cento dei quali civili innocenti.
Guerra a Saddam, l'anno scorso c'erano i Talebani e Osama,
qualche altro «mostro» è già in fabbricazione. Avanti,
alle armi, bombardiamo tutti, per i prossimi cinquant'anni.
Ogni volta, alla fine di una delle guerre contro i «mostri»...
il mostro è ancora lì. Mentre almeno il novanta per cento
delle vittime delle guerre sono civili. Povera gente, che si
vede innaffiata di bombe perché il suo Presidente, di solito,
è un dittatore in disgrazia che ha litigato con gli alleati
di prima.
«Effetti collaterali» vengono chiamate, non so se anche lei
abbia usato quel termine. Spero di no. Perché sono certo,
Signor Merlo, che lei si indignerebbe, e soffrirebbe anche
molto, nel sentire liquidare la morte di suoi familiari sotto
un bombardamento come «effetto collaterale».
Novanta per cento di vittime civili: è un dato statistico,
Signor Merlo, come lei ben sa. Di tutte le guerre nell'ultimo
mezzo secolo.
Ero quasi sicuro, a questo punto, di non avere alcuna delle
caratteristiche del Signor Né-Né, e invece mi è arrivata la
mazzata: «Né un soldo né un uomo». Ebbene, lo ammetto
pubblicamente, su questo punto sono un Signor Né-Né. Credo
infatti che l'Italia non dovrebbe fornire né un soldo né un
uomo a nessuna guerra. Anzi credo che il Parlamento italiano
dovrebbe condannare la guerra - non dovrebbe essere difficile,
la Costituzione la «ripudia» - e starne rigorosamente fuori.
Mi piacerebbe, glielo confesso Signor Merlo, che qualche
membro del Parlamento presentasse una mozione proprio come
l'ha suggerita lei: «né un soldo né un uomo» per la
guerra. Ci aggiungerei solo «e neppure una base aerea né un
permesso di sorvolo». Vorrei l'Italia fuori dalla guerra,
vorrei vedere etica e umanità, e senso di giustizia, nella
classe politica italiana. Vorrei l'Italia fuori dalla
barbarie.
Forse vale la pena di parlare della barbarie, Signor Merlo.
Nel 1996 Madeleine Albright, allora Ambasciatore Usa all'Onu
prima di diventare Segretario di Stato, fu intervistata dalla
televisione americana Cbs sull'embargo all'Iraq. «Abbiamo
sentito che mezzo milione di bambini sono morti in conseguenza
all'embargo. Ne valeva la pena, era necessario?» chiede
l'intervistatore.
Risponde la Albright: «Penso che questa sia una scelta molto
dura, ma la posta in gioco... we think the price is worth
it ». Pensiamo che per quella posta ne sia valsa la pena.
La barbarie, appunto. Vede, Signor Merlo, io credo che un
cervello umano normale, di fronte alla domanda «valeva la
pena di ammazzare mezzo milione di bambini?» non possa
rispondere «Sì».
Se invece qualcuno lo fa, come ha fatto la Signora Albright,
se risponde «Sì, ne è valsa la pena», io le assicuro,
Signor Merlo, di non aver più bisogno di inventarmi mostri
esotici con i quali guerreggiare: il mostro è già lì
davanti ai miei occhi.
E' stato talmente disumano quel progetto di distruzione
dell'infanzia irachena che due responsabili dell'Onu si sono
dimessi «per non essere complici di un genocidio».
Cinquecentomila bambini sono stati uccisi in Iraq tra il 1991
e il 1998 a causa dell'embargo, come confermano rapporti dell'Onu,
documenti accessibili a tutti.
A proposito, di questo ha mai scritto nei suoi editoriali,
Signor Merlo? O crede anche lei che ne sia valsa la pena? In
ogni caso, avendo confessato di essere un Né-Né, almeno su
una questione, mi è venuta anche qualche curiosità. Perché
vede, Signor Merlo, i suoi Né-Né sembrano un pugno di
fanatici furbastri, che hanno optato per «il modo peggiore,
il più ipocrita di stare con Saddam».
Anzitutto mi piacerebbe sapere quanti italiani sono dei Né-Né.
Quanti di noi sono contrari alla guerra all'Iraq, a quanti di
noi fa schifo la prospettiva di un nuovo massacro per il
petrolio, senza perciò essere sostenitori di Saddam Hussein?
Perché non ce lo dice, Signor Merlo? Lei ha accesso alle
fonti, lei è l'informazione. A me, che sono semplicemente un
chirurgo, risulta che ben oltre i due terzi degli italiani
sono contrari alla guerra. A lei? Questo almeno potrebbe
farcelo sapere, ci sarebbe utile, sapere quanti siamo.
Invece no. Lei preferisce il dileggio, l'insulto; e la
retorica: «E' vero infatti che noi occidentali sappiamo che
il pacifismo assoluto è un'utopia infantile, perché la
storia delle relazioni internazionali è fatta di guerre, e le
paci vanno difese con le armi perché rappresentano la guerra
in riposo». Ma lei, Signor Merlo, è sicuro di poter spendere
concetti di questo calibro a nome di «noi occidentali»? «Liberiamoci,
dunque, del signor Né-Né. Per una volta, smascheriamolo
"prima"». Ecco: smascheriamolo, andiamo a vedere il
pericoloso filoterrorista nemico della sicurezza mondiale che
si cela sotto le sembianze di Rosy Bindi.
Il che, nel codice di un certo giornalismo, significa di
solito via libera all'insulto, alla menzogna, alla calunnia
preventiva: smascheriamolo «prima».
Mi spiace, Signor Merlo, è troppo tardi.
Già dal 15 febbraio, lei si accorgerà - ma in fondo lei lo
sa già, è che non le va di scriverlo, o a qualcuno non va
che lei lo scriva - di quanti Né-Né ci sono in Italia e in
Europa.
Sa, Signor Merlo, ho l'impressione che il partito della guerra
del petrolio - quello di Bush junior della Harken e di Bush
papà del Carlyle Group (dove stanno anche un po' di parenti
stretti di Osama), quello di Dick Cheney della Halliburton, di
Condoleezza della Chevron, di Rumsfeld della Occidental, il
vertice della «grande democrazia americana» tanto per
capirci - non passi un gran momento. Forse nemmeno gli amici
«dell'amico George» sono messi molto meglio. Vorrebbero
portare l'Italia in guerra, un'altra volta, e la gente non ne
vuol sapere. Imbavagliano l'informazione in modo da renderla
indistinguibile dalla propaganda - ne sa qualcosa, Signor
Merlo? - oppure la gente non li ascolta. Rendono i
telegiornali molto simili al Carosello di buona memoria,
eppure le persone continuano a pensare, a riflettere, a porsi
domande.
Arrivano al punto di predire la distruzione di Firenze in
diretta tv, e un milione di persone sfila pacificamente e
solidarizza coi cittadini, tutti insieme contro la guerra.
Che cosa sta succedendo, Signor Merlo, i Né-Né sono sfuggiti
di mano, hanno opinioni diverse da quelle degli «opinionisti»?
A un attento editorialista come Lei suggerirei di stare a
vedere cosa succederà in Italia, Signor Merlo, se il Governo
proporrà di entrare in guerra violando la Costituzione e se
il Parlamento lo deciderà, votando contro l'opinione
dell'ottanta per cento dei cittadini italiani.
Ho come la sensazione che non filerà via liscia, che i
cittadini si siano stancati di fare da telespettatori, che i
padroni delle testate debbano rassegnarsi a non essere anche
padroni delle teste...
Tratto da "Il Corriere della Sera" 5 febbraio 2002
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