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«L’Italia
non ha grandi spazi per l’accoglienza»
Ciampi dal
Marocco: l’emigrazione non risolve la povertà, l’occupazione o la
depressione demografica
Marzio Breda
RABAT - Lo hanno colpito certe ansie che serpeggiano in Europa.
Teme che anticipino una deriva xenofoba di cui si sono viste
avvisaglie in Francia, Olanda, Austria e pure in Italia, dove
infatti su analoghi umori la politica si divide. Così decide
d’intervenire, Ciampi, calibrando il suo discorso su una
rassicurante (per l’Occidente) concretezza. E lo fa dal Marocco,
una delle aree di partenza degli immigrati che premono alle porte
del nostro Paese di ex emigranti. La premessa è che «l’emigrazione
da Sud a Nord non può risolvere né il problema della povertà e
dell’occupazione, né quello della pressione demografica» di
questa gronda del Mediterraneo, problemi che invece si affrontano «con
lo sviluppo delle economie in loco».
Aggiunge che, per quanto «non si escluda la continuazione dei
flussi migratori», va ricordato che «l’Europa e l’Italia hanno
una limitata capacità d’accoglimento e di offerta di decorose e
stabili prospettive di vita e di lavoro». Se non altro perché «non
abbiamo né gli spazi né le risorse naturali dei grandi Paesi
oltreoceanici».
Insomma, secondo il presidente, bisogna «governare il fenomeno»,
ciò che consentirà anche di arginare i sentimenti impauriti di
un’Europa sempre più tentata di chiudersi. E occorre farlo,
spiega, secondo un decalogo di realistico buonsenso, da condividere
con i governi degli Stati che alimentano la diaspora.
«Dobbiamo regolare insieme i flussi dell’emigrazione e insieme
combattere l’immigrazione clandestina e il traffico di esseri
umani, pratiche inaccettabili». Detto questo, puntualizza che gli
immigrati in arrivo da noi «nel rispetto della legge» dovranno
essere «consapevoli» di due cose: 1) di avere «identiche garanzie
giuridiche e sociali» degli altri cittadini; 2) e nel contempo
dovranno però «accettare le norme di condotta comuni a tutti».
Poiché sarà appunto «la parità di diritti e doveri, la risposta
europea a intolleranza, razzismo, xenofobia».
Ciampi parla davanti a diversi ministri di re Mohamed VI e a molti
imprenditori italiani e marocchini riuniti nei saloni
dell’Accademia del regno. A sollecitarlo è un tema da conferenza
rotariana, di quelli che si prestano ad astratte divagazioni
geopolitiche: «Quale Mediterraneo vogliamo?». Ma lui lo rende
subito fattuale, toccando un punto decisivo nel rapporto Nord-Sud.
L’Europa, dice, «ha scommesso» su questo mare fin dalla
proposta, formulata sette anni fa a Barcellona, di istituire «una
zona di libero scambio, con il riconoscimento delle grandi
potenzialità di collaborazione fra le due sponde». Quel che però
ancora pesa su tali rapporti è il divario economico e «anche
demografico», sintetizzato in queste cifre: 377 milioni di europei
contro 161 di Nord Africa e Medio Oriente, i primi destinati a non
crescere, mentre i secondi dovrebbero raddoppiare entro il 2030.
E’ quindi fatale che i 12 milioni di nordafricani ora presenti
nella Ue siano presto seguìti da molti altri compatrioti. Noi
potremo accoglierne un certo numero, spiega il capo dello Stato, ma
«l’emigrazione va accompagnata dallo sviluppo degli scambi
commerciali, favoriti dall’apertura dei mercati, e dal
trasferimento di capitali e tecnologie da Nord a Sud». Una
strategia che il nostro governo intende «sostenere» a Bruxelles,
non a caso, in quanto è un percorso che «richiede lungimiranza da
parte dell’Unione europea» e, insieme a questa, «l’impegno
degli imprenditori». Spetterà poi ai partner nordafricani, dice
ancora, «creare le condizioni indispensabili» perché tutto ciò
si realizzi. E cioè «un saldo quadro giuridico, riforme
economiche, legittimità democratica e stabilità politica», dando
per scontato che non passi la tentazione dello «scontro di civiltà»:
una via «già tristemente percorsa», quando invece «la
convivenza, la tolleranza e il rispetto reciproco sono l’antidoto
all’urto tra fedi e culture».
La ricetta con la quale Ciampi si congeda dal Marocco è, come si
vede, esplicita: aiutiamo questo Sud del Mediterraneo, con il quale
abbiamo in comune una millenaria storia, a far da sé, qui. E’ il
modo realistico per salvarlo dalla povertà. E salvare noi dalle
nostre paure.
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- Tratto da "Il
Corriere della sera" 17 maggio 2002
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