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Giovani
e perdere
Il nuovo anno
giudiziario è stato celebrato, tra le molte anomalie e disfunzioni
segnalate. Alcune osservazioni
hanno inteso rifornire di innovazioni le future scelte di politica
criminale, soprattutto nei riguardi dei giovani, anzi dei giovanissimi
devianti. L’innovazione della
Giustizia starebbe nell’abbassare l’imputabilità dei minori a 12
anni, e non più sanzionarli penalmente a 14 anni, come tutt’ora è. Questa è l’orma
tracciata, e sebbene sia materiale
pseudo pedagogico obsoleto, questo ritorno in auge di proposte
involutive, sembra confermare il sospetto che, nei confronti dei
minori che trasgrediscono, non sappiamo fare di meglio che punirli,
per escluderli e levarceli dalle scatole. Effettivamente le
carceri minorili abbondano di materiale umano, acerbo e incoffessabile,
così le comunità di accoglienza e di trattamento, nonché le nostre
strade, quelle che ospitano ragazzi
da tempo esclusi e conclusi dalla società, ma anche chi del troppo
tempo a disposizione non sa spendere i vantaggi acquisiti dalle
consuetudini. Giovanissimi e meno
giovani come attori consumati, tanto da apparire comparse assunte a
tempo determinato, nella flessibilità del consentire ripetute
giustificazioni e puliture a secco di coscienze adulte. Indipendentemente
dalla mia storia personale, dall’esperienza delle mie negazioni, e
in forza del mio impegno nella Comunità Casa del Giovane di Don
Franco Tassone a Pavia, (
dove tanti minori vengono accolti e accompagnati quotidianamente, alla
ricerca di risposte esaustive per allontanarsi dalle solitudini
imposte, dal dolore non del tutto riconosciuto, per le assenze a
mancanze ricevute ), divengo sempre più consapevole che è fin troppo
facile ottenere provvedimenti di incapacitazione, consentendo così
alle Istituzioni di eludere il carico più opprimente, e cioè la
responsabilità operativa di individuare le cause del malessere, per
circoscriverle, se non è possibile superarle. In questa Italia del
resistere-resistere-resistere ( a chi ed a cosa non lo so ), oppure
del rinnovamento a 360° ( di chi e di cosa non lo so ), rimane certo
un inciampo, almeno uno, che al disagio per droga dilagante di ieri,
si sta sommando un disagio psichico devastante, dove davvero
l’insorgenza delle doppie diagnosi sta a quantificare come la nostra
collettività sia ormai abituata al ciglio del baratro, al dirupo
scosceso che non consente uscite di emergenza, se non quelle per non
pagare il giusto dazio. Un filosofo ci ha
spiegato l’importanza del peccato, ma noi preferiamo andare incontro
ad una torsione identitaria che ci induce a mimetizzarci tra errori e
dimenticanze, anzi ci autorizza a imputare ai giovani le colpe più
nefande: la più grave è quella di “ non essere più fatti della
nostra pasta “. E allora, cosa c’è
di meglio se non incarcerarli, recintando con del solido filo spinato
i loro comportamenti disturbati e disturbanti. A volte penso che si voglia intervenire così
rumorosamente nei riguardi dei minori, proprio perché ci coglie un
silenzio annichilente, quando dobbiamo impegnarci
affinché il “ guerriero in erba “ cresca fisicamente sano,
e in sintonia con uno sviluppo psichico accettabile, proprio per
evitare gravi e incombenti disagi derivanti da un ambiente più
consono al sopravvivere che al vivere. Non credo si possa
contribuire al risanamento ambientale, della scuola e della famiglia,
con un intervento prettamente giudiziario, nell’illusione di
riconciliare il minore con ciò che gli sta intorno, ma forse questa
richiesta di maggiore punibilità, di ricorso estremo al penale,
nasconde carenze profonde in esclusioni galoppanti, per ciò che nei
giovani, invece, andrebbe non solo investito, ma anche corrisposto: fiducia. Lavoro nella Comunità
CDG, e debbo dire che questa cittadella priva di mura, ma colorata di
coraggio e passione nell’aiutare tanti giovani, mi consegna ancora
una volta gli strumenti per comprendere che non è debordando su
risposte penali e penitenziarie che si crea un sentimento di
accoglienza e presenza significativa con i ragazzi. Piuttosto è
comunicando e formando che
si realizza il piccolo miracolo della ricostruzione, attraverso una
educazione (che non è rieducazione per chi mai ne ha avuta), e
ciò senza fare ricorso alle solite retoriche di circostanza, ai
luoghi comuni, con i quali si accatastano le lamentele per il non
facile coordinamento delle agenzie educative. Infatti, chi spesso è
contrapposto al mondo degli adulti, ha bisogno di essere preso in
considerazione per quello che è, con i propri bisogni e le proprie
esigenze, ultima, ma non per importanza, la certezza dell’errore,
nella peculiarità adolescenziale, dove la perdita di riferimenti
certi favorisce le sconfitte, le posizioni di rincalzo, perfino in
quei “ guerrieri in erba “ prima presi a esempio per la loro “
bravura e mitezza “, ma implodenti e esplodenti nei comportamenti a
seguire. Un disagio che rimarca
una maturazione sempre più in balia di una società schizofrenica e
autogiustificante. Abbassare
l’imputabilità a 12 anni? O supplicare i potenti
dei Palazzi per istituire
corsi di formazione genitoriale? Chissà quale di
queste esagerazioni parossistiche è più consona all’esigenza di
Giustizia che sale a pervadere una intera generazione, senza che
alcuno dei protagonisti possa dichiarare il proprio diritto ad
accedervi. Vincenzo Andraous tutor Comunità Casa
del Giovane 5-2-2003 Pavia
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