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PROFETI
DEL NOVE
GIORGIO LA PIRA
(Pozzallo 1904 - Firenze 1977)
di Dario Scorza
Docente di Istituzione di Diritto Romano, padre della Costituzione, Sottosegretario al Ministero del Lavoro, Sindaco di Firenze dal '51 al '58 e dal '61 al '65, deputato al Parlamento in due legislature; queste le referenze essenziali di Giorgio La Pira.
Eppure un uomo tanto titolato viveva in una stanzetta di pochi metri quadrati e nonostante gli incarichi istituzionali e le frequentazioni prestigiose aveva conservato sia l'umiltà che l'attenzione verso (tutti) gli uomini. Un uomo dell'estabilishment eppure vicino ai bisogni del popolo. Sembra un sogno o un inganno populista. E di questo lo accusavano, di essere un ingenuo idealista che si azzardava a fare politica. Ma lui ha sempre risposto con dei gesti concreti, tanto concreti (e spaventosamente giusti) da far inferocire i suoi detrattori, come quando, nel '52, requisì le ville disabitate per dare una sistemazione provvisoria a migliaia di senzatetto (ricorrendo ad una legge del 1865); o nel '53, quando si schierò, moralmente e fisicamente, dalla parte di 1750 operai licenziati dallo stabilimento del Pignone ed ottenne, dopo aver bussato a tutte le porte che contano, la riassunzione degli operai grazie all'intervento dell'ENI. Ma in tutte queste azioni era totalmente assente lo spirito della lotta di classe. La Pira si ispirava al tradizionale interclassismo cattolico, ma credeva fermamente nel valore primario del diritto alla casa e al lavoro, e per questo venne definito “comunista di convento” (dalla Confindustria) e “statalista della povera gente” (da don Sturzo). Proprio lui, che aveva rifiutato la tessera della DC (che era comunque il suo partito) per motivi religiosi («la mia unica tessera è il battesimo»), che era in corrispondenza con i monasteri di clausura sparsi in tutto il mondo, che si dichiarò contro il divorzio nel referendum nel '74 e contro la legge 194 che legalizzò l'aborto nel '76. Un cattolico di stretta Osservanza quanto alla dottrina, così innamorato del Vangelo da considerarlo «non soltanto un libro di pietà, ma un manuale di ingegneria politica, nel senso che esso rivela le leggi costituzionali della vita personale, sociale e storica dell’uomo». In ogni modo anche papa Pio XII, nella vicenda dei licenziamenti del Pignone, riconobbe la posizione corretta assunta da La Pira e assicurò «il suo paterno interessamento» richiamando i responsabili al «dovere di proteggere e difendere il pane e il lavoro per tanti focolari». Il tratto più caratteristico e profetico della personalità di La Pira fu il non concepire gli steccati. In consiglio comunale adoperava i voti di qualunque provenienza pur di far approvare delle leggi che riteneva giuste e solidali e quando i partiti della coalizione gli imposero la condizione-capestro di rifiutare a priori qualunque voto provenisse dai comunisti (che, di fatto, equivaleva a non avere più la maggioranza per approvare delle autentiche riforme sociali), rinunciò alla ricandidatura. Ma la capacità di sorvolare gli steccati lo portò a compiere dei gesti davvero coraggiosi per un politico cattolico degli anni della Guerra Fredda e della Cortina di ferro. Nel '55 organizzò a Firenze il Convegno dei sindaci delle Capitali di tutto il mondo, e sedettero, fianco a fianco, Roma e Mosca, Washington e Pechino, Bonn, Gerusalemme, e il Cardinale di Firenze e il Sindaco di Mosca si strinsero la mano durante una cerimonia religiosa. Questo era il progetto di La Pira: ripartire dalle città per ricostruire la pace nel mondo, ripartire dal basso, riallacciare dialoghi, intrecciare relazioni. E così nel '59 si recò in Russia, formalmente in veste di Pellegrino che vuole vederne i luoghi santi, ma di fatto ebbe modo di incontrare ufficialmente degli intellettuali vicini al Cremlino. E nel discorso di commiato richiamò i sovietici ad un maggior rispetto del senso religioso di tutti i credenti, in risposa ad un articolo anti-religioso comparso sulla
Pravda. E nel '61, durante la crisi dei missili a Cuba, quando un nuovo conflitto mondiale sembrava imminente, scrisse a Krusciov proponendogli in Vangelo come metodologia politica per la salvezza del mondo. E ancora, nel '65 è in Vietnam su invito diretto di Ho Chi Min per creare le premesse di un processo di pace. I risultati furono ottimi (Ho Chi Min si disse disposto a trattare senza esigere il ritiro preliminare delle truppe americane dal Vietnam), ma vennero totalmente ignorati dai signori (servi) della guerra, e il conflitto continuò, con la sua scia di morte. Destino comune degli uomini di pace: o inascoltati o uccisi.
LA PIRA, LA BIBBIA, LA PROPRIETA'